Drop basso o alto? Plantare si o plantare no?

Inserire una soletta sotto il calcagno nelle scarpe da running può essere una buona idea (anzi ottima!), sia per la prevenzione degli infortuni che per correre meglio.


Come si sa, negli ultimi anni diversi brand hanno progressivamente diminuito il drop; la giustificazione biomeccanica sui vantaggi aveva trovato sostegno dalla pubblicazione sulla rivista Nature nel 2010 di un lavoro del dottor Lieberman che sosteneva addirittura l’utilità della corsa a piedi nudi, senza scarpe. In realtà a oggi non c’è alcuna evidenza che la corsa scalzi o di solo avampiede riduca gli infortuni, tanto che già nel 2013 Benno Nigg, allora direttore del laboratorio di Human Performance dell’Università di Calgary, ne aveva contestato diversi punti.

Molte sono le varianti in questione, non ultimo il terreno di corsa. Se la superficie è pianeggiante e compatta, il runner corre tendenzialmente di avampiede; se invece il terreno è sconnesso e con molta erba, l’appoggio avviene col tallone, indipendentemente da quale scarpa si stia usando o dal fatto che si stia correndo scalzi. Per non parlare poi della variante principale: la tecnica di corsa. La maggioranza dei runners oggi inizia a correre dopo i 30 anni, va piano (ben sopra i 5’00” al km) e ha un deficit di qualità atletiche e motorie enorme rispetto a 20 anni fa. Non si può certo migliorare la loro tecnica di corsa o farli correre di avampiede solo comperando una certa scarpa.

La scarpa può prevenire o causare l’infortunio perché influenza il “pattern” con cui le forze d’impatto si trasmettono ai muscoli, ai tendini e alle articolazioni. La calzatura deve assecondare la meccanica di corsa preferita e non stravolgerla. È il comfort la chiave di tutto: la scelta della scarpa garantisce il mantenimento del proprio stile di corsa ottimale ed è questo l’aspetto più importante per ridurre le sollecitazioni sull’apparato locomotore. I segnali che partono dal piede sono diversi a seconda della scarpa e dell’intersuola e causano una differente risposta in muscoli, tendini e articolazioni. Proprio per tutte queste considerazioni, negli ultimi anni il runner ha provato in vari modi a rendere migliori le calzature una volta acquistate, inserendo solette antishock o plantari.

A Monaco i medici del Laboratorio di Ricerca in Medicina dello Sport dell’Università del Lussemburgo hanno mostrato uno studio sull’influenza del drop sugli infortuni da sovraccarico degli arti inferiori. Gli oltre 500 partecipanti hanno usato per correre la medesima scarpa ma con drop differenti: di 10 mm (D10), 6 mm (D6) e zero mm (D0). Di tutti i partecipanti, 136 (il 25%) hanno avuto almeno un infortunio. Non si è riscontrato un differente rischio fra i gruppi D10, D6 e D0, ma si è invece evidenziato che chi calzava calzature con drop basso (D6 e D0) aveva un rischio d’infortunio alto se correva con regolarità durante la settimana, mentre il drop basso era ininfluente nel runner occasionale.

Il dottor Simon Bartold dell’Università di Melbourne ha invece studiato l’effetto del carico ricevuto dal tendine d’Achille durante la corsa con l’introduzione di una talloniera di 12 mm. I 12 partecipanti, maschi, sono stati studiati durante il cammino e la corsa sul tapis roulant con e senza l’inserimento della talloniera. I parametri considerati sono stati la cadenza e la lunghezza del passo e le forze verticali di reazione all’appoggio. I risultati dello studio hanno evidenziato che l’inserimento della talloniera da 12 mm riduceva di molto il carico sul tendine d’Achille agendo come un importante presidio nella prevenzione e cura degli infortuni del tendine.

Considerando tutto questo e le caratteristiche tecniche della maggioranza dei runners, non c’è proprio alcuna indicazione a correre con scarpe dal drop basso. Ben venga quindi l’introduzione nelle calzature da running e di solette antishock che alzano il tallone.